Si crede, a buon ragione, che l’Italia sia anche il racconto del suo cibo, dei dolci nelle ricorrenze così legate ai ricordi, alle tradizioni, alle ricette. Regioni, piccoli paesi, province o grandi città: nessuno può scampare, per fortuna, al racconto delle tipicità dolci e ricorrenti. Una geografia che ci compone di nomi e prodotti, di feste locali, regionali e nazionali, civili e religiose, pubbliche e private. Proviamo a capire che cosa arriva nei caffè letterari italiani, lì dove si insediano anche rinomate pasticcerie, nei vari momenti dell’anno, d’inverno o estate che sia.
di elena penna
_________________
La pasticceria italiana è famosa nel mondo almeno quanto lo è l’enogastronomia dei piatti salti e dei vini prestigiosi. Non c’è pranzo che tenga, cena o altra occasione della tavola che non abbia il suo momento più dolce, il dessert, un ciuffo di cioccolata o un panettone tipico. A fare la differenza (dei dolci, degli ingredienti e delle tradizioni sulla tavola dei dolci più tipici c’è anche, si pensa, la combinazione di fattori ambientali con quelli della storia che è “passata” sui territori della penisola: a Nord, a Sud, sulle isole, vicino al mare o in montagna le corso di tutti i decenni che la tradizione italiana e delle sue regioni hanno potuto vivere.
Capire in quali e quanti modi le tipicità dolci della penisola si sono potute esprimere arricchisce anche la cultura personale di ciascuno. Così entra in gioco un nord continentale, un centro latino ed sud mediterraneo. Ma l’Italia è anche la storia geografica e culturale del suo arco alpino e di tutti gli idiomi che lo hanno pervaso; storia delle dominazioni straniere che hanno portato da noi anche le loro tradizioni, quelle francesi assieme a quelle tedesche, assieme a quelle balcaniche; quelle spagnole assieme a quelle della Grecia antica e del Medio Oriente che pure è arrivato qui. Poi ci sono le grandi isole che hanno avuto i maggiori connubi con le civiltà del bacino mediterraneo.
E quello che potrebbe sembrare una storia “solo” politica è, invece, e profondamente una storia enogastronomica e culinaria, di dolci tipici e di salati. La frutta secca, il miele e l’uvetta passita, tuttavia, sono onnipresenti, seppur con toni differenti in ciascuna delle regioni italiane e delle tipicità dei dolci italiani. E se al nord prevale, negli impasti e nelle creme, l’uso di latte, di panna e di burro, l’impiego di mele e di frutti di bosco, di nocciole e castagne, di mais e riso, di grano saraceno e di segale in ambito alpino, al centro c’è la ricotta , il mosto, il grano e l’olio d’oliva, le pesche con le castagne. Così come al sud non si può fare a meno, quando si preparano i dolci tipici, del frumento, dell’olio, di mandorle, fichi, pistacchi e frutta candita.
.
.
Il Piemonte ha una storia nobilissima che a Torino trova il suo crocevia. Nella ex capitale sabauda c’è una storia straordinaria che trova nella tradizione pasticcera l’eco secolari che ha avuto con le case regnanti di Francia e di Spagna. Troveremo pasticcini di ogni forma e colore, praline di cioccolato, pastiglie di zucchero e caramelle, violette candite. Il resto del Piemonte è ricco di amaretti, canestrelli e baci di dama. di la castagne che sono marron glacé, di nocciola tonda e saporita che si fa crema gianduia. Accanto al Piemonte la Valle d’Aosta ha le sue materie prime che mette in tutti i suoi dolci e prende dalle montagne che ha: latte e panna, castagne e miele, mele renette e pere martin con l’aggiunta di mandorle e spezie, di cioccolato e caffè. Le “tegole d’Aosta” non si mettono sulle case ma di mangiano: sono dolcetti dalla forma ondulata come le tegole di terracotta dei tetti delle baite, che fecero la loro comparsa negli anni ’30. Lì anche il “mont blanc” è un dolce ispirato alla forma della vetta più alta d’Europa. La ricca e grande Lombardia non è solo Milano che rimane la grande città del panettone come Pavia è la città della colomba e Cremona della mostarda e del torrone. La Lombardia è accomunata ovunque dall’arte bianca. In Valtellina c’è ancora il grano saraceno, nell’alto bergamasco e nel bresciano prevale la farina di mais, mentre ingredienti comuni sono latte e panna, noci e nocciole, castagne e mele. Più giù, tra Lodi e Mantova, si assiste la cucina contadina incontra sapori più nobili con la torta sbrisolona che ha la farina gialla a mandorle e vaniglia come fosse il retaggio delle antiche corti principesche. Restando a nord, in Trentino/Alto Adige si sente anche nei dolci la doppia componente etnografica. C’è la pianura veneta con i suoi accenti montani e c’è la parte più “austriaca” che sa farsi cucina contadina ed eco raffinato che venne dalla casa reale d’Asburgo. C’è il latte e la panna, le castagne e le mele, le prugne e le albicocche, le noci e i frutti di bosco. Per un fattore esclusivamente climatico, in Trentino la farina è bianca o gialla mentre in Alto Adige è scura e di segale. Da Bolzano a Bressanone sono di casa schertorte e krapfen. A Trento e Rovereto, assieme allo strudel e allo zelten si trova il gelato.
.
.
Il Veneto è la regione della Serenissima dove l’arte bianca italiana è stata famosa e nota nel mondo contesa, allo stesso modo nella pasticceria nobile come nella tradizione contadina, tra il sapore d’oltremare e quello di terraferma. Quanta nobile e bella storia ha la biscotteria veneta tra dolci come il pandoro, il tiramisù o il nadalin. Dalle Dolomiti al Delta del Po’, il Veneto offre le castagne alla farina gialla, le mele, le giuggiole. Nella regione più “dolce” d’Italia non è n caso quel forte attaccamento alla tradizione così come dicono i fugassa o le fritole. Il Friuli Venezia Giulia è forse la più composita delle regioni italiane anche per i dolci così come per la sua geografia. Ha pianure, montagne e colline ma anche il “suo” mare. Anzi, Trieste fu il principale sbocco sul Mediterraneo. Così ci sono dolci contadini e dolci nobili che risentono di influssi padani-veneti e di influssi mitteleuropei. La “gubana” è la portabandiera della pasticceria regionale. Nacque povera con quel che la campagna offriva per poi arricchirsi di spezie e di frutta secca. Un racconto fantastico anche nei giorni di festa quando nelle valli montane si fa festa con la polenta fritta, ma ci sono anche i dolci di patate e frutti di bosco, le torte di mele e ricotta.
Dall’altra parte di un nord che si fa più mite e marino, la Liguria trova a Genova un caso unico in Italia o forse il più vicino alla varietà morfologica della costiera amalfitana in Campania dove i saperi, il sole del mare ed tipica vegetazione forma gli agrumi, le spezie e porta buoni frutti. Famosa è in Liguria la tradizione della confetteria e della frutta candita, che deriva dalla storica disponibilità di zucchero che gli arabi portarono. Ma c’è anche un’antica passione per il cioccolato che passò dalla corte di Spagna a quella piemontese e da lì arrivò in Liguria. Il pandolce genovese e gli amaretti di Sassello sono dolci amati e tipici. Lasciando il nord più estremo, la regione Emilia-Romagna ha davvero due pasticcerie che “demarcano l’Emilia e la Romagna. La prima è stata la terra di insediamenti longobardi e poi degli stati autonomi che ebbero legami forti con le potenze europee; la seconda è passata dai Bizantini allo Stato della Chiesa mai lasciando la tradizione latina. In Emilia il burro e la crema che si usa moltissimo. In Romagna i prodotti diventano altri e più numerosi che in pasticceria vengono usato con grande maestria fin dai tempi dei secolari traffici marittimi. Ciambelle lievitate e torta di riso in pianura, dolci preparati con la farina di castagne e ricotta in montagna.
.
La Toscana è il trionfo di certi dolci che tutti il mondi conosce. Dolci che nacquero con il Medioevo delle grandi individualità commerciali comunali o con la signoria de’ Medici con ebbe enormi interscambi europei. C’è il panforte, i ricciarelli e i cavallucci fatti di miele, frutta secca e spezie. Ci sono i cantucci, i cialdoni e i brigidini. C’è il buccellato, la schiacciata con l’uva, il castagnaccio e i necci. Nelle Marche la pasticceria marchigiana ha l’anice e i fichi. L’anice, raccolta sui Monti Sibillini, viene utilizzata soprattutto per la preparazione dei celebri liquori che danno l’aroma ai biscottini anicetti e al ciambellone. I fichi sono l’ingrediente principale del fristingo e del torrone. Ma come non segnalare il bostrengo e il visnir. Il bostrengo è un dolce soprannominato “pulisci credenza” per la sua ricetta variabile basata su riso e farina di castagne; il visnir è un vino liquoroso di visciole già apprezzato alla corte di Federico da Montefeltro. I dolci umbri invece rimandano soprattutto al Medioevo con panpepati, focacce lievitate e dolci dai ripieni speziati e bagnati di vini passiti. In Umbria ci sono le delizie di tradizione monastica: i mostaccioli, i ciaramicola, i rocciata (pasta sfoglia ripiena di frutta fresca e secca a forma di spirale), e il torciglione (pasta di mandorle decorata con frutta secca, dalla forma di un serpente attorcigliato).
Nel centro Italia il Lazio è la grande storia di Roma, millenaria e fantastica, ma anche le sue province con la tradizione contadina e pastorale. Così se a Roma ci sono i maritozzi e la crostata di ricotta, il resto della regione ha le focacce, i biscotti profumati all’anice, le ciambelle al mosto, i ravioli dolci, le frittelle di mele, la pizza al formaggio, la pupazza frascatana e il pangiallo. In Abruzzo invece la cosiddetta “cultura agropastorale” è ancora molto presente così il pasto si chiude sempre con dolci a base di mandorle e pinoli, di noci e castagne e le farciture hanno dentro frequentemente la ricotta o i formaggi molli. I confetti di Sulmona sono noti nel mondo. Ma ci sono anche le coppiette, i torroni, il fiadone e il parrozzo. Le ferratelle sono cialde croccanti di pasta di biscotto spalmate di miele o marmellata e sono immancabili sulle tavole dei banchetti nuziali. Arrivando in Molise invece si trovano scenari e sapori incontaminati dove la cucina è assieme contadina e nobile e durante le feste i dolci più tipici hanno laricotta, il miele e le mandorle. Il fiadone è un’altra tipicità mentre la cicerchiata non è fatta di cicerchia, coltura tipica d’antica memoria, ma ne ricorda solo la sua struttura granulosa e rimane il dolce che non manca mai sulle tavole delle feste o dei grandi eventi.
Il passo in Campania ci fa provare altre tipiche prelibatezze famose nel mondo. Un misto di greci, latini, arabi, normanni, spagnoli, austriaci e francesi. Una tradizione ricca di sapori perché ricca dei prodotti di quel territorio: le albicocche, le susine, le pesce, le ciliegie, le amarene, i limoni, le arance, le noci, i fichi ed il miele. Ma i tre dolci più tipici e famosi restano la pastiera, la sfogliatella ed il babà. Meno note e famose sono le ciambelle rustiche, i taralli, mostaccioli, i torroni e le zeppole fritte. Continuando al sud la Puglia ha la sua tradizione eminentemente contadina che nasce dentro le mura delle masserie. Lunga e stretta, la Puglia è stata terra greca, linea d’arrivo della Via Appia, porto d’imbarco per la Terrasanta, ponte d’eccellenza con la cultura del Levante. La Puglia ha il grano, la vite e l’olivo con i quali si sono composti i suoi dolci che spesso hanno le mandorle e i fichi della costa adriatica, il miele e la ricotta dell’entroterra. Il suo tarallo è salato e dolce. In Basilicata i greci, i latini, gli Arabi, i bizantini, i normanni e gli spagnoli hanno lasciato tracce anche nei suoi dolci tipici che si compongono di mandorle e noci, fichi e castagne, ceci e ricotta, agrumi e miele. C’è il grano cotto, i mostaccioli e i calzoncini. La Calabria ha due mari ed infinite tradizioni anche per i dolci, varianti di una matrice antica che va dai boschi della Sila alle sue tante spiagge. Così le di liquirizia, di cedro e di bergamotto sono arrivate anche nei suoi dolci tipici. Ci sono i fichi, le mandorle e l’uva passa, assieme a castagne, miele, noci e nocciole. Il gelato di Pizzo assieme alle cassate siciliane e alla rivisitazione dei dolci tipici campani fanno della Calabria qualcosa di unico nel panorama dei dolci regionali. Con i fichi chini, la pitta ‘mpigliata e le nepitelle le varianti aumentano.
.
Le due isole hanno una storia a parte ma anche ricchissima e varia. La Sicilia è da sempre crocevia del Mediterraneo ed è la regione che più ha trattenuto e rielaborato i segni dei popoli che ha “posseduto” che l’hanno posseduta. Dall’Oriente giunsero arancio, limone, cedro, pesco, albicocco, pistacchio, carrubo, gelsomino, sesamo, zucchero di canna e spezie: un’onda di sapori e spezie. Le caravelle spagnole portarono il cacao che nell’isola viene ancor oggi lavorato secondo l’antica ricetta azteca. Questa è la regione dei cannoli, della cassata, del torrone, della frutta di Martorana e del gelato. In Sardegna invece i dolci hanno una tradizione rurale. Dolci di farina e di uova arricchiti da mandorle, miele e ricotta di pecora. I limoni, luva passa o il vino cotto restano variabili nell’elenco degli ingredienti. Diffusi e conosciuti sono sull’isola i seadas o sebadas, i copulettas o copuleta, i sos pinos (dolcetti fritti preparati in occasione delle nozze), e una delle ricette più antiche i suspiros (pasticcini rotondi molto piccoli glassati in superficie, contenenti mandorle, miele, limone).
.
Seguendo questa straordinaria geografia dei saperi, nei prossimi mesi proveremo a raccontare le pasticcerie regionali. Faremo vedere con immagini, testi e foto i volti di chi li prepara, le ricette, i pasticceri che si impegnano con passione e professionalità a portare avanti la storica tradizione italiana.
+ There are no comments
Add yours